Talvolta l’impatto del turismo può essere devastante per le aree che senza una programmazione razionale, vengono “ spalancate “ al turismo di massa “. Ecosistemi a particolare rischio – turisti sono, per esempio, le barriere coralline, in rapida scomparsa dovuta, in parte, ai cambiamenti climatici, in parte ai superati limiti di sostenibilità turistica.
Lo scorso anno, in un articolo uscito sul Bouth China Morning di Honh Kong così veniva descritta la situazione di uno dei “ paradisi “ delle vacanze più gettonato, l’isola di Bali in Indonesia; qui gli abitanti si lamentano per la discriminazione che l’industria turistica esercita nei loro confronti: non possono sedersi sulla spiaggia dei grandi alberghi che si trovano su buona parte del litorale. Spesso, infatti, arriva qualcuno che minaccia di chiamare la polizia. Alla gente del posto, poi, si proibisce di pescare, di organizzare giochi o cerimonie religiose perché, sostengono i proprietari degli alberghi, potrebbero disturbare i turisti.
Senza contare che la rete fognaria è assolutamente inadeguata, con effetti disastrosi sull’ecosistema della barriera corallina. Campi da golf e piscine consumano enormi quantità di acqua (500 litri al giorno per ogni singola stanza di albergo) mettendo in crisi il sistema di coltivazione del riso. Quindi il turismo, se non viene adeguatamente gestito, alla lunga rischia di rivelarsi un boomerang.
Sarebbe auspicabile, invece, un turismo programmato e gestito in consultazione con le comunità locali e con gli investitori. Un turismo sostenibile, dunque, che, allo stato attuale, rappresenta una sfida che i paesi poveri rischiano di perdere in quanto carenti di infrastrutture e management. Tuttavia gli effetti positivi di un simile modello di turismo sostenibile sarebbero la rivitalizzazione di regioni povere e non industrializzate attraverso la creazione di posti di lavoro e di attività imprenditoriali.
G.d.P.