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Campi flegrei: fra mito e realtà

Il nostro blogger G.d.P. ci accompagna a scoprire i luoghi più affascinanti e ricchi di storia della nostra amata città.

Stavolta ci parla dei Campi Flegrei.

Venite a scoprirli con noi...

I nostri antichi progenitori che scelsero questi luoghi per godervi gli ozi, la tranquillità e i piaceri della vita – questi luoghi incantati, li celebrarono nelle loro opere e li additarono come l’Olimpo terreno di ogni più saporosa loro gioia.

  Non v’è storico, non v’è poeta risalente a quel tempo che non li abbia davvero magnificati, ora in pagine che ne illustrarono la feracità e il naturale ristoro che offrono, ora in distici espressivi ed armoniosi, i quali ne descrivono ogni suggestiva bellezza. E le tacite sponde di Cuma, l’addormentata riva di Miseno, la stessa Baia, i cui templi, i cui sontuosi palazzi, le cui ville aristocratiche seppellì il mare, or pare che aspettino ancora le ornate triremi dei consoli, o quella numerosa flotta latina che tante volte gettò le ancore in quei porti, mentre il cielo si tingeva di un tramonto d’oro e violaceo. I campi Flegrei ossia i campi ardenti della terra di fuoco, si identificano con quella porzione di territorio ad ovest di Napoli che dalla punta di Posillipo si estende, cinta dalle colline dei Camaldoli fino alla piana di Quarto, e di lì più su lungo la via Domiziana oltre le rocce di Cuma, fino alle sponde del lago Patria.

   Furono i navigatori greci di ritorno dai loro viaggi di esplorazione a descrivere con questo aggettivo lo straordinario paesaggio fatto di colonne di fumo, di vulcani ardenti, di lingue di fuoco alte nel cielo limpido che, con il loro riflesso nel mare, rendevano le acque prospicienti la costa inquietanti e misteriose. Qui sorse Cuma la vantata città greca che si proclamò culla della civiltà mediterranea – qui sorse Pozzuoli, che ne divenne il porto – qui Baia, la Montecarlo dell’antichità- qui Miseno, a cui si dice che Enea  abbia voluto dare il nome di un suo devoto trombettiere – qui una scuola per soldati romani , che serba tuttora  quel di Miliscola . Qui Cicerone, in una delle sue ville, discorreva della debolezza de’sensi con il suo grande amico Lucullo: qui, da Pozzuoli Augusto si preparò alla gurra contro Sesto Pompeo : qui Caligola portò la sua ferocia e la sua lussuria – qui Nerone fece cavare grotte sudatorie  e costruire terme raffinate. Qui Pompeo, Cesare, Domiziano, Lucio Pisone e Catone Uticense possedevano ville cospicue – e di esse ogni loro amico e amico anche delle Muse, cantò la delizia e la pace. Brani caldi di ammirazione dedicarono scrittori e poeti stranieri Shelley e Waiblinger, Goethe e Lamartine . Nei secoli divennero per i moderni viaggiatori terra fondamentale di quel Gran Tour ottocentesco, momento irrinunciabile dell’europeo colto  che in quei luoghi poteva ritrovare  l’immediato riscontro  dei classici latini e greci . l’escursione aveva delle tappe ben precise iniziava dall’oscura, polverosa e rumorosa  galleria chiamata Crypta Neapolitana accanto alla c.d. tomba di Virginio. Nel territorio sono presenti i segni recenti dell’eruzione di monte Nuovo che aveva stravolto il paesaggio spazzando via in pochi giorni parte del lago di Lucrino. I campi ardenti furono dunque celebrati ed ammirati da Virginio, Orazio, Stazio, Svetonio, Tacito. In epoca più recente da Boccaccio, dal Pontano e dal Sannazzaro. I greci che vennero a fondare Kyma, Dicearchia (città della giustizia), Neapolis trovarono l’ambientazione di molti loro miti. Ad esempio riguardo alla Gigantomachia, la maggior parte degli autori ha voluto identifica Flegra, la località dove si svolse la mitica battaglia sul il territorio cumano. Secondo Diodoro Siculo, Ercole avendo al suo fianco gli Dei dell’Olimpo combattè contro i giganti e li sconfisse e destinò la terra dove si erano scontrati in campi da coltivare. I giganti erano esseri mostruosi che avevano tentato di spodestare lo stesso Giove. Terra e Mito in un connubio stretto dove l’uno giustifica l’altro, come nella storia del gigante Tifeo, che sconfitto da Zeus viene sepolto sotto il vulcano Epomeo nell’isola di Ischia, o quella del gigante Mimante che giace sotto la vicina isola di Procida. Il mito di Ercole fu talmente profondo che a lui furono dedicate città. Basti ricordare Ercolano, di cui l’eroe è eponimo. Altro nome eccellente è Odisseo. Baio e miseno suoi sciagurati compagni.

 E da Ulisse passiamo ad Enea, l’eroe virgiliano. Nei campi flegrei virgilio volle ambientare l’intero VI libro della sua opera. Il tempio di Apollo a Cuma, la leggenda di Dedalo, la Sibilla e i suoi vaticini, il mondo dell’Ade e la porta degli inferi, trovarono nel poeta mantovano la loro definitiva consacrazione. Anche piccoli segmenti di storia passarono attraverso i campi ardenti: Annibale, Nerone, Agrippina, Paolo di Tarsia, legarono alcune vicende a questa terra. Un territorio trascurato e a volte condannato dall’incuria, dall’indifferenza e dalle speculazioni, più che dai suoi moto tellurici. Perché l’indifferenza umana può essere più distruttiva di mille vulcani.   



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